Un ecosistema fragile tra mare, industria e agricoltura

A Gela, in Sicilia, un tratto di costa stretto tra lo stabilimento petrolchimico e le serre agricole ospita un lembo di natura sopravvissuta al tempo e all’uomo. È qui che si concentra il progetto After LIFE+, una nuova fase operativa che raccoglie l’eredità di LIFE+ Leopoldia, progetto europeo dedicato alla tutela degli habitat dunali e della flora costiera, in particolare della rara Leopoldia gussonei. L’obiettivo: consolidare quanto già fatto, correggere criticità emerse e garantire che i risultati ottenuti non si perdano nel tempo.

Il progetto interviene in un’area specifica: il margine sud-orientale dell’area industriale di Gela, in una zona dove la costa ha subito gravi trasformazioni e l’ambiente naturale è ridotto a isole residue, minacciate da erosione marina, specie invasive, coltivazioni intensive e infrastrutture. Il quando è adesso: la necessità è urgente, perché senza interventi decisi, anche quei pochi frammenti di naturalità rimasti rischiano di scomparire.

Una duna residuale in un contesto compromesso

Il contesto geografico e ambientale

L’area su cui si concentra After LIFE+ si trova all’interno del perimetro industriale di Gela, in una zona compromessa da decenni di attività petrolchimiche. La duna relitta è incastonata tra vasche di decantazione e depositi, protetta da una fascia di alberi piantati artificialmente – pini, eucalipti, acacie – che oggi formano uno schermo vegetale ma privo di valore ecologico autentico.

Accanto, un canale fortemente modificato, con sponde in cemento e vegetazione non autoctona, scorre lungo il confine orientale. Verso il mare, la costa è aggredita dall’erosione, che negli anni ha assottigliato drasticamente la spiaggia. Sul lato opposto, serre e colture in plastica coprono ogni metro disponibile fino al lago del Biviere.

Un ecosistema ridotto ai minimi termini

Da un punto di vista ambientale, la zona è oggi un mosaico di frammenti. La natura originaria è stata quasi del tutto cancellata: a ovest lo stabilimento industriale e la città, a est la distesa di serre. L’unica continuità ecologica si trova chilometri più in là, verso Punta Braccetto, dove le dune costiere sono in condizioni migliori. È in questo contesto degradato che la duna di Gela assume un ruolo strategico: è ciò che resta di un sistema più ampio, ma ha ancora valore, se viene curato e ricostruito.

Le caratteristiche del territorio

Suolo sabbioso e clima difficile

Il terreno su cui sorge la duna è costituito da sabbie fini e quarzose, tipiche delle aree costiere mediterranee. Secondo la classificazione pedologica di Fierotti, si tratta di “Dunelands – Typic Xeropsamments”, suoli poveri, aridi e facilmente erodibili. Nel tempo sono stati parzialmente stabilizzati grazie a rimboschimenti artificiali e piante della macchia mediterranea.

Il clima è sub-arido mesotermico, secondo la classificazione Thornthwaite. Le piogge sono scarse (circa 380 mm all’anno) e mal distribuite. Le estati sono calde, con medie che raggiungono i 27°C, mentre gli inverni restano miti (intorno ai 12°C). Questa scarsità idrica rende complicato qualsiasi intervento di recupero, soprattutto se non pianificato con attenzione.

Cosa stiamo cercando di salvare

Gli habitat potenziali: una sequenza complessa e preziosa

Se potessimo eliminare le alterazioni e riportare il paesaggio alle condizioni originarie, vedremmo un sistema dinamico di dune, con habitat che si susseguono dalla riva all’entroterra:

  • Dune mobili embrionali (Habitat 2110): prime formazioni sabbiose dove attecchiscono piante resistenti come Agropyron junceum, capaci di fissare la sabbia e dare inizio al processo di consolidamento.
  • Dune bianche (Habitat 2120): dominate da Ammophila arenaria, queste dune segnano una zona di transizione, più interna, con vegetazione più sviluppata ma ancora instabile.
  • Dune fisse (Habitat 2210): qui il suolo è più compatto, le piante sono meno esposte e si sviluppano specie come Crucianella maritima e Pancratium maritimum.
  • Dune con prati annuali (Habitat 2230): zone sensibili al vento e al passaggio dell’uomo, dove cresce anche la rara Leopoldia gussonei.
  • Dune con ginepri (Habitat 2250): uno degli obiettivi principali del progetto. Qui dominano arbusti come Juniperus macrocarpa, Pistacia lentiscus, Quercus calliprinos, che formano una macchia compatta e stabile.
  • Arbusteti predesertici (Habitat 5330): habitat più rari e localizzati, tipici delle zone aride mediterranee.

La situazione attuale: un’invasione vegetale

Oggi però, la vegetazione originaria è quasi del tutto scomparsa. Al suo posto troviamo:

  • Canneti esotici (Saccharum spontaneum aegypticum e Arundo donax): piante introdotte per scopi agricoli che si sono espanse ovunque, grazie alla propagazione per rizoma.
  • Acacia saligna: albero invasivo dal rapido sviluppo, che soffoca la vegetazione autoctona.
  • Carpobrotus edulis: pianta succulenta originaria del Sudafrica, usata come ornamentale e oggi fuori controllo.
  • Residui agricoli: ricacci di vite e fico, testimoni delle antiche coltivazioni sulla duna.

Nei punti più esposti ai venti resistono solo alcune piante erbacee come Tamarix e Efedra, relitti delle comunità originarie.

After LIFE+: cosa fa concretamente

Un ponte tra passato e futuro

Il progetto After LIFE+ non è un nuovo inizio, ma un passo avanti. Prosegue il lavoro avviato con LIFE+ Leopoldia, che ha gettato le basi per il recupero degli ecosistemi dunali nel territorio di Gela. Dopo le prime bonifiche e le attività di mappatura e monitoraggio, ora si passa alla fase di consolidamento: rimozione delle specie invasive, reintroduzione di piante autoctone, controllo continuo del territorio.

Azioni principali

  • Eradicazione delle specie esotiche invasive, attraverso metodi meccanici e manuali.
  • Messa a dimora di specie autoctone, selezionate in base agli habitat potenziali descritti nel Manuale Europeo degli Habitat.
  • Monitoraggio botanico costante, per valutare la crescita delle nuove comunità vegetali.
  • Manutenzione degli interventi già realizzati, affinché non vengano vanificati nel tempo.
  • Comunicazione e sensibilizzazione, per coinvolgere cittadini, scuole e operatori locali nella protezione dell’ambiente.

Una sfida aperta

Il recupero della duna di Gela è una sfida difficile: lavorare in un’area industriale attiva, con suoli compromessi e condizioni climatiche dure, non è semplice. Ma è proprio in questo tipo di contesti che i progetti ambientali hanno il valore più alto: non si tratta solo di conservare, ma di rigenerare, di restituire al paesaggio una possibilità.

Perché è importante

Un valore ecologico e culturale

Salvare le dune di Gela significa proteggere non solo una serie di habitat rari, ma anche una parte importante della memoria naturale della Sicilia. Significa garantire un futuro alla Leopoldia gussonei, specie endemica che cresce solo qui, e ricostruire corridoi ecologici per fauna e flora mediterranea.

Un modello per altri territori

After LIFE+ non è un intervento isolato: è un modello replicabile per altri territori degradati. Mostra come anche in aree compromesse, tra cemento e serre, sia possibile ricostruire natura. E lo fa non con grandi opere, ma con attenzione, cura e conoscenza scientifica.